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(In)carichi speciali – La gerla, le donne, l’arme e gli oneri

[English translation here]

Anni fa in occasione della festa della donna pubblicai questo mini-poster:

Il fatto che il concetto espresso fosse legato all’uso di un cesto mi pareva piuttosto simpatico e adatto a questo sito. Ma in effetti mi trovo a pensare che c’è di più. Qualche settimana fa ho letto su La Stampa un articolo che non c’entrava nulla con l’argomento. Parlava dei 150 anni di Palazzo Oropa, sede del Municipio di Biella. Vi si citava a sua volta un articolo scritto 150 anni fa in occasione delal sua inaugurazione. L’ignoto giornalista concludeva con un appunto:

San Paolo Cervo, 1900 ca. Ritratto di siunéra, Giovanna Peraldo Prun (foto Egidio Gallo)
Fonte: http://www.casamuseo-altavalledelcervo.it/gallery-casa-museo-alta-valle-cervo.php
Non  so  se  ad   alcuno  del  Municipio  sia toccato   in   sorte   quel   che  giovedì   scorso  è  a  me  successo. Se ciò  non  fosse  benché  poco simpatizzi  per  lui,  non  glie  lo  vorrei augurare. Passavo  sotto  i  portici  affollati  come  possono  essere in giorno  di  mercato. Ad  un  tratto  batto  ruvidamente la  testa in un oggetto  non  molto   elastico. Quest’oggetto  era  costituito  da  una gran  cassa  sopra  posta  ad   una   gerla  sotto  cui  stava  una  donna che  faceva  da  forza   motrice. Prima  che  fui  in   fondo  ai  portici sapete  quante  gerle  cariche di  oggetti  voluminosi  ho  incontrate ? Nientemeno  che  sette. Caro Municipio dimmi un po’e non é questo un  continuo  attentato  alle  teste   ed  alle  spalle   degli ambulanti ? A  mio  parere  nè  le  gerle  nè  i  cesti  dovrebbero  transitare  sotto i portici ma  bensì  in  mezzo  alla  strada.   Ove  a  te  così  parimenti 
sembrasse  potresti  fare  un’opera   meritevole  col  cercar  di  rime­diarvi.  E  con  questo  ti  saluto. 
(L'Eco dell'Industria 22/10/1871, pag. 6 )
“Donna Gerla”, Villa Piazzo, Pettinengo (BI)

Una delle cose che mi ha incuriosito di questo brano è che si facesse riferimento specificatamente alle donne e che erano talmente tante da richiedere una “corsia separata”…. come se fossero camion! E poi bel ringraziamento per questo pesante lavoro che qualcuno deve pur fare! Ma si sa: anche l’urbanistica può essere maschilista.

In effetti essendomi trasferita da qualche anno a Biella, conoscevo poco le gerle e non sapevo che erano usate in special modo dalle donne, proprio perché consentono di trasportare agevolmente carichi pesanti e/o voluminosi, come una sorta di “zaino vegetale”. In effetti una delle prime volte che ho visto una gerla dal vivo era in una statua realizzata con oggetti della vita rurale esposta alla Villa Piazzo di Pettinengo: qui la gerla con le sue bretelle simula la gonna e le braccia, ovviamente, di una donna.

Non c’è da stupirsi quindi che l’uso (letterale) della testa per trasportare carichi sia molto più diffuso al sud (dove non esiste la gerla) che al nord. La gerla d’altra parte è più semplice da portare e non occorre un addestramento, come invece succedeva dalle mie parti col “trasporto a testa”. Addestramento, tra l’altro, di fatto precluso agli uomini. Le mie nonne ciociare potevano fare interi traslochi facendo danzare mollemente sulla testa merce più grande e pesante di loro. . . Ma certo i mitici mal di testa, collo e schiena delle nostre nonne assumono tutto a un tratto un significato più profondo…

La praticità della gerla risalta ancora di più nelle zone montagnose. Durante la Prima Guerra Mondiale addirittura c’erano in Carnia “donne-mulo” munite di gerla, pagate per trasportare materiale bellico. Queste donne trasportavano bombe, come le mie conterranee durante la Seconda Guerra Mondiale scappavano dalle bombe portandosi via il loro mondo rinchiuso in una cofana sull testa….

In effetti ora, al riparo delle automobili, possiamo vederla come una cosa poetica. Per secoli i cesti hanno cosentito a chi era (o era considerato) più debole di “farsi carico” dei guai combinati da altri. Letteralmente e metaforicamente. L’arguto giornalista biellese del 1871 ha quindi “sbattuto la testa” non solo su una gerla, ma anche su una questione sociale. Letteralmente e metaforicamente.

Sophia Loren in “La Ciociara”
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